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L’innovazione come state of mind

L’innovazione come state of mind: un intervento a Talks About con Stefano Saladino e Martina Cogliati come “narratrice dell’innovazione” per il progetto di Rinascita Digitale. Racconto il viaggio e cosa mi hanno lasciato gli incontri con queste menti creative, intuitive e generatrici di innovazione. Perchè quando sono partita di una cosa ero certa: il binomio-innovazione tecnologia va assolutamente scardinato.

Perchè l’innovazione è uno stato della mente. “Innovation is a state of Mind

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Fight for Your Digital Rights

“𝘾𝙧𝙚𝙙𝙞𝙖𝙢𝙤 𝙞𝙣 𝙪𝙣𝙖 𝙩𝙧𝙖𝙣𝙨𝙞𝙯𝙞𝙤𝙣𝙚 𝙙𝙞𝙜𝙞𝙩𝙖𝙡𝙚 𝙖𝙣𝙩𝙧𝙤𝙥𝙤𝙘𝙚𝙣𝙩𝙧𝙞𝙘𝙖. 𝙎𝙞 𝙩𝙧𝙖𝙩𝙩𝙖 𝙙𝙞 𝙘𝙝𝙞 𝙫𝙤𝙜𝙡𝙞𝙖𝙢𝙤 𝙚𝙨𝙨𝙚𝙧𝙚, 𝙞𝙣 𝙦𝙪𝙖𝙣𝙩𝙤 𝙚𝙪𝙧𝙤𝙥𝙚𝙞. 𝙋𝙚𝙧 𝙘𝙤𝙜𝙡𝙞𝙚𝙧𝙣𝙚 𝙡’𝙚𝙨𝙨𝙚𝙣𝙯𝙖 𝙛𝙤𝙧𝙢𝙪𝙡𝙚𝙧𝙚𝙢𝙤 𝙪𝙣𝙖 𝙨𝙚𝙧𝙞𝙚 𝙙𝙞 𝙥𝙧𝙞𝙣𝙘𝙞𝙥𝙞 𝙙𝙞𝙜𝙞𝙩𝙖𝙡𝙞. 𝙏𝙧𝙖 𝙦𝙪𝙚𝙨𝙩𝙞, 𝙡’𝙖𝙘𝙘𝙚𝙨𝙨𝙤 𝙖
𝙞𝙣𝙩𝙚𝙧𝙣𝙚𝙩 𝙥𝙚𝙧 𝙩𝙪𝙩𝙩𝙞; 𝙪𝙣𝙤 𝙨𝙥𝙖𝙯𝙞𝙤 𝙤𝙣𝙡𝙞𝙣𝙚 𝙨𝙞𝙘𝙪𝙧𝙤; 𝙞𝙡 𝙙𝙞𝙧𝙞𝙩𝙩𝙤 𝙙𝙞 𝙖𝙘𝙦𝙪𝙞𝙨𝙞𝙧𝙚 𝙘𝙤𝙢𝙥𝙚𝙩𝙚𝙣𝙯𝙚 𝙙𝙞𝙜𝙞𝙩𝙖𝙡𝙞; 𝙖𝙡𝙜𝙤𝙧𝙞𝙩𝙢𝙞 𝙧𝙞𝙨𝙥𝙚𝙩𝙩𝙤𝙨𝙞 𝙙𝙚𝙡𝙡𝙚 𝙥𝙚𝙧𝙨𝙤𝙣𝙚; 𝙡𝙖 𝙥𝙧𝙤𝙩𝙚𝙯𝙞𝙤𝙣𝙚 𝙙𝙚𝙞 𝙢𝙞𝙣𝙤𝙧𝙞 𝙤𝙣𝙡𝙞𝙣𝙚.”


𝙋𝙧𝙚𝙨𝙞𝙙𝙚𝙣𝙩𝙚 𝙐𝙧𝙨𝙪𝙡𝙖 𝙫𝙤𝙣 𝙙𝙚𝙧 𝙇𝙚𝙮𝙚𝙣, 𝙂𝙪𝙞𝙙𝙖𝙧𝙚 𝙞𝙡 𝙙𝙚𝙘𝙚𝙣𝙣𝙞𝙤 𝙙𝙞𝙜𝙞𝙩𝙖𝙡𝙚.

Nel giugno del 2021, la Presidente von der Leyer aveva solo anticipato quello che a fine gennaio è diventata una proposta della Commissione al Parlamento Europeo di approvazione della 𝗗𝗶𝗰𝗵𝗶𝗮𝗿𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗲𝘂𝗿𝗼𝗽𝗲𝗮 𝘀𝘂𝗶 𝗱𝗶𝗿𝗶𝘁𝘁𝗶 𝗲 𝗶 𝗽𝗿𝗶𝗻𝗰𝗶𝗽𝗶 𝗱𝗶𝗴𝗶𝘁𝗮𝗹𝗶 𝗽𝗲𝗿 𝗶𝗹 𝗱𝗲𝗰𝗲𝗻𝗻𝗶𝗼 𝗱𝗶𝗴𝗶𝘁𝗮𝗹𝗲.

Per leggerla e scaricarla vedi qui Digital Rights Diritti Digitali

Anche solo scorrendo velocemente i titoli dei capitoli che l’articolano, si capisce l’importanza della sua approvazione in tempi rapidi, seguita da una applicazione che permetta di tutelare il cittadino europeo nella sua nuova vita #onlife come direbbe il Professor Luciano Floridi.

Vediamo in sintesi seguendo i capitoli in cui è articolata la dichiarazione dei Digital Rights (Diritti Digitali)

✅  Mettere le persone al centro della trasformazione digitale.
✅  Solidarietà ed inclusione (tra cui il diritto alla connettività e alla formazione sulle competenze digitali).
✅   Libertà di scelta, per un ambiente equo online e un’interazione consapevole con l’Ai.
✅  La partecipazione allo spazio pubblico digitale per evitare disparità tra i cittadini.
✅   Il diritto alla sicurezza per un controllo dei dati e la tutela dei più giovani ovvero cyber safety, concetto differente rispetto alla più conosciuta security.
✅   La sostenibilità del digitale, favorendo soggetti a ridotto impatto sociale e ambientale.

Ne abbiamo parlato su Rinascita Digitale  con Pietro Jarre, co fondatore di Sloweb ed esperto di memoria digitale e di sostenibilità in senso ampio, non solo ambientale.

Perchè la consapevolezza di avere dei diritti è il primo passo per esercitarli.

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Innovazione nella Leadership

Quale livello di pensiero è necessario per generare il mondo del futuro? Quali sono le condizioni che un leader deve promuovere in modo da agevolare lo sviluppo dell’innovazione? L’innovazione nella leadership ci invita a pensare con schemi nuovi.

Con una professionista che stimo moltissimo, come Flaminia Fazi Executive Coach, Mentor e CEO di U2COACH, abbiamo provato a definire alcuni aspetti di una leadership innovativa o meglio dell’innovazione nella leadership. Sappiamo tutti infatti che quella autoritaria o paternalistica si sta sgretolando più o meno lentamente all’interno delle nostre aziende, ma più in generale negli ecosistemi.

L’innovazione può accadere se viene accolta.

Flaminia Fazi
https://rinascitadigitale.it/tutti-i-corsi/innovazione-nella-leadership/

L’innovazione passa per dei livelli, perchè si propone su processi operativi portati avanti dalle persone e le loro capacità di accoglienza e resistenza sono rilevanti.

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Business Awareness

Che cos’è la Business Awareness?

Tasha Eurich, psicologa delle organizzazioni, ricercatrice, coach e autrice best seller del New York Times la definisce la #superpower del 21° secolo.

Stiamo parlando della auto consapevolezza, dove il 95% delle persone pensa di essere consapevole di sé, ma solo il 10% lo è effettivamente. Un bel problema considerando che la #selfawareness ci permette di avviare processi trasformativi, di crescita personale e professionale.

Allora ci siamo posti un domanda per la nuova puntata di #InnovationJourney di Rinascita Digitale. E le organizzazione quanto sono consapevoli?

Con Marcella Loporchio  ne abbiamo parlato con Claudio Toni  appunto di business awareness e di come questo tema si allarghi al modo in cui interpretiamo le persone in azienda in ottica sistemica e soprattutto previsionale del futuro.

Come ha detto Marcella “È importante sottolineare che se si parla di innovazione non si deve necessariamente pensare alla tecnologia, ma si deve far riferimento alla consapevolezza del valore a 360° che ognuno di noi ha e che può apportare nel contesto in cui opera.

Dobbiamo puntare al cambiamento permettendoci dei momenti di stop e riflessione. Altrimenti rischiamo, inevitabilmente, di non creare valore aggiunto semplificando eccessivamente la complessità che ci circonda.

Invece l’ambiente intorno a noi, gli altri e le relazioni che instauriamo influenzano i nostri approcci al lavoro.

Quindi se fino ad oggi abbiamo parlato di Awareness unicamente in concomitanza delle parole brand immagine, ora facciamo un salto in avanti e iniziamo a parlare di Business Awareness come consapevolezza delle attività strategiche a tutto tondo.

“𝗜𝗹 𝘃𝗼𝘀𝘁𝗿𝗼 𝗳𝘂𝘁𝘂𝗿𝗼 𝗻𝗼𝗻 𝗲̀ 𝘀𝗰𝗿𝗶𝘁𝘁𝗼, 𝗶𝗹 𝗳𝘂𝘁𝘂𝗿𝗼 𝗱𝗶 𝗻𝗲𝘀𝘀𝘂𝗻𝗼 𝗲̀ 𝘀𝗰𝗿𝗶𝘁𝘁𝗼, 𝗶𝗹 𝗳𝘂𝘁𝘂𝗿𝗼 𝗲̀ 𝗰𝗼𝗺𝗲 𝘃𝗲 𝗹𝗼 𝗰𝗿𝗲𝗲𝗿𝗲𝘁𝗲 𝘃𝗼𝗶 𝗽𝗲𝗿𝗰𝗶𝗼̀ 𝗰𝗿𝗲𝗮𝘁𝗲𝘃𝗲𝗹𝗼 𝗯𝘂𝗼𝗻𝗼!”

Dal Film Ritorno al Futuro

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Master TCF Academy

Il mio nuovo corso di comunicazione digitale con Carlotta Sorrenti nel Master in Management dello Sport Femminile per TCF Academy in collaborazione con l’App Tutto Calcio Femminile e EuropEducation.

A me le cose facili non sono mai piaciute. E chi mi conosce sa quanto sia vera questa cosa. Al limite di complicarsi sempre le cose.

E le sfide non sono mai state su un palco (anche perché sai che ballerina 🩰), su un terreno di gioco, in una classe, nell’ambiente di lavoro. Le mie sfide sono sempre state dentro di me e solo con me. Non ho mai considerato gli altri come avversari. Non so cosa sia la competizione. Un po’ come dice De Gregori…

”un calciatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia”.

La leva calcistica della Classe ’68 ( Francesco De Gregori)

Insomma non potrei mai fare l’attaccante. Ma per fortuna per insegnare e formare non serve quel mindset. Grazie a all’App Tutto Calcio Femminile e alla Tcf Academy per questa esperienza.

Entro in Accademia con una speranza legata ad una innovazione: che il calcio femminile sia un mindset ⚽️ prima ancora che uno sport. ♥️

Il corso che ho preparato si chiama Comunicazione Digitale per lo Sport e fa parte del Master in Management dello Sport Femminile. Il modulo è stato progettato con Carlotta Sorrenti brand strategist, fondatrice dell’App TCF e esperta in marketing digitale. All’interno del Master sono presenti professionisti del mondo dello sport come Antonio Cincotta, Erika Morri già ex Azzurra di Rugby e formatrice e Roberto Ghiretti con il patrocionio della FISPE.

Il programma formativo della TCF Academy è in collaborazione con Europ Education di David Rossi e con il coordinamento di Fabio Puglisi.

Se il mondo del calcio femminile ti interessa puoi seguire le notizie aggiornate tramite l’app Tutto Calcio Femminile o il sito.

Per maggiori informazioni su i corsi della TCF Academy, clicca qui.

Un motto che ho fatto mio?

“Sbagli il 100% dei colpi che non tiri” di Wayne Gretzky.

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La Playlist delle Softskill del 2022

Non so come sia andato il vostro 2021. A fine anno si fanno sempre i bilanci. A me più che i numeri, piace condividere quello che ho imparato. Anche perchè ho lavorato a lungo sul tema e ho deciso di tornare sui banchi di scuola ;-)..ma ne riparleremo.

Come dicevo, ho scelto 5 parole rappresentative del percorso fatto nella rubrica #ContinuousInnovation e tre #softskill del futuro che derivano da quell’ambito.

Spesso nei curricula, questo tipo di competenze, sono come lo zucchero a velo sul pandoro: una spolverata a caso, che il giorno dopo, se non è igroscopico, si scioglie con l’umidità o fuor di metafora, con la pressione lavorativa. Eppure sono il vero valore differenziante, non tanto nel cv, ma nell’arena professionale. Si perchè, ammettiamolo, è un’arena.

Ad ogni parola, ho associato una canzone, per costruire una playlist per il 2022. 🎧
  

…il resto nell’articolo a seguire per la Playlist delle Softskill del 2022. 👇🏻

Ho scelto 5 parole rappresentative del percorso fatto nella rubrica Continuous Innovation di Rinascita digitale e tre soft skill del futuro che derivano da quell’ambito.

Spesso nei curricula, questo tipo di competenze sono come lo zucchero a velo sul pandoro: una spolverata a caso, che il giorno dopo, se non è igroscopico, si scioglie con l’umidità o fuor di metafora, della pressione lavorativa. Eppure sono il vero valore differenziante, non tanto nel cv, ma nell’arena professionale. Si perchè è un’arena. Diciamolo.

 Ad ogni parola ho associato una canzone, per costruire una playlist del 2022

  1. Identità – Come as you are (Nirvana)   

Soft Skill: Self Awareness, Sense Making, Job Crafting.

 Una canzone che parla dell’alienazione, della paura e soprattutto del karma di cui puoi essere vittima se non sei vero. Una sorta di monito a quello che ti può succede nella mistificazione della tua identità. Tutto corretto, ma l’identità passa dalla presa di coscienza di chi siamo, dalla consapevolezza dei limiti e dalla capacità di miglioraci….ovvero dalla nostra self awareness. Altrimenti se sei vero, mai sei un incapace. Sei un vero incapace. Sostituite qui l’aggettivo a vostro piacimento. (Amen)   

2.  Strategia – One vision (Queen)

Soft Skill:  Collaborative Approach, Strategy Decision Making, Smart Planning.

La strategia non è mai del singolo. Anche quando sei Freddie Mercury, il tuo gruppo sono i Queen e ti sei ispirato al discorso di Martin Luther King “I have a Dream”. L’approccio collaborativo è la chiave per ideare le strategie migliori. Nel brano in questione Brian May ideò il riff di chitarra della canzone, Freddie Mercury la melodia vocale e il resto della band contribuì nel testo e nell’arrangiamento. Poco importa che rimanga uno dei brani meno capiti del gruppo, la sua dimensione partecipata cimentò la band e la sua identità. (Chapeau)

3. Innovazione – You can’t always get what you want (Rolling Stone)

Soft Skill:  Explorer Mindset, Change Agility, Growth Mindset.

La leggenda narra che la canzone sia nata da una battuta fulminante di un barman alla richiesta insolita e inesaudibile di “cherry soda” da parte di Mick Jagger. In realtà la canzone affronta tre temi chiave nel party infinito che sono stati gli anni Sessanta: l’amore attraverso la libertà sessuale, la politica e la droga. La riflessione finale è lapalissiana: non possiamo avere sempre quello che vogliamo. Meglio cercare di avere quello di cui abbiamo bisogno. L’innovazione è anche questo. Non chiederci cosa vogliamo, ma quello di cui abbiamo veramente bisogno. Un cambio di mindset per avere modelli produttivi rigenerativi, IoT per progettare città sostenibili e intelligenza artificiale al servizio dell’uomo, combattendone i suoi bias. (Break a leg, Sir).

 4. Emozioni – Cold, cold man (Saint Motel)

Soft Skill: Emotion Management, Cognitive Diversity, Inspiring Leadership.

Abbiamo pensato che le emozioni fossero scevre dal nostro processo cognitivo. Poi è arrivato Anthony Damasio e ci ha spiegato che il cartesiano Cogito Ergo sum era una fake news.  Questo cambia tutto e mette in discussione i modelli di leadership tradizionale come quella autoritaria e patriarcale, che si stanno sgretolando.  Ma anche la situazionale non se la cava sempre bene. Chi non sta al passo? Perderà i vantaggi competitivi, perché la partita si gioca soprattutto sul capitale umano. Non più sulle risorse umane. Che poi non si chiamano più così ma People. (Rebranding).

 5. Spazio – From Gagarin’s point of view (Esbjörn Svensson Trio)

Soft Skill: Striving for excellent, Forethought, Efficiency.

Qualche anno fa lo spazio era dimenticato. Una dimensione siderale e silenziosa abbandonata apparentemente dagli stessi studiosi. Eppure Ron Haward nel film Apollo 13 ci aveva raccontato che la partita dello spazio è molto più terrena di quello che noi pensiamo. E si scontrava con cinque filtri per la CO2 che da quadrati dovevano diventare tondi. Insomma la soft skill della creatività. In realtà per andare nello spazio, così come per andare nel futuro, ci servono anche altre competenze come “striving for excellent” ovvero usare il nostro talento e le nostre abilità per fare sempre qualcosa in più.  Che non significa essere perfetti (striving for perfection) ma allenarci ad andare oltre i nostri limiti. E se non lo facciamo? Huston, we have a problem.

Qui per ascoltare la Playlist delle Softskill del 2022:

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Singolarità: ascoltare il Cosmo

Una puntata all’insegna dell’astrofisica multimessaggera, della singolarità gravitazionale, del mondo dei buchineri, passando per la dimensione spaziotempo e le onde gravitazionali.

Latitude: 43.6305 N
Longitude: 10.5021

Sono le coordinate geografiche di Virgo, a pochi chilometri da Pisa, il più grande rivelatore europeo di ondegravitazionali, protagonista sulla scena internazionale di un nuovo modo di studiare il cosmo. Un modo previsto oltre un secolo fa dal genio di Albert Einstein e diventato ufficiale con il #Nobel per la fisica nel 2017 a Rainer Weiss, Barry C. Barish e Kip S. Thorne per il loro contributo alla realizzazione dell’osservatorio statunitense #LIGO che ha permesso la prima rilevazione diretta delle onde gravitazionali a settembre 2015.

Abbiamo chiuso il nostro appuntamento dell’anno con un tema “facile” 😅 come l’astrofisica multimessaggera e con al centro una riflessione sulla singolarità gravitazionale un fenomeno che appartiene al mondo buchineri e alla dimensione spaziotempo ma che ci può insegnare molto se letto in una prospettiva più ampia, come sempre facciamo nella rubrica Continuousinnovation di Rinascita Digitale con Stefano Saladino.

A parlare di  Massimiliano Razzano, professore associato dell’Università di Pisa e autore del libro di Carocci Editore “Ascoltare il Cosmo”.

Sono arrivata a lui grazie all’aiuto delle “onde gravitazionali” di Francisca Gutiérrez Milesi e mi fa piacere condividere questo aspetto non solo per ringraziarla per la sua disponibilità e l’entusiasmo nel cogliere la mia richiesta di aiuto, ma per sottolineare come LinkedIn sia una vera community, un vero cosmo, anche se non ci si conosce di persona e direttamente e se non ci sono scambi economici ma solo dettati dalla volontà comune di creare contenuti di valore e stabilire relazioni di qualità, di crescita professionale e personale. Grazie Francisca! 🤩

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’20 | ’21 | ’22 Presente e Futuro della Comunicazione d’Impresa

’20 | ’21 | ’22 – Presente e Futuro della Comunicazione d’Impresa

Un evento tenuto il 6 maggio in collaborazione con l’Eco della Stampa e Rinascita digitale. Un viaggio fra le trasformazioni della comunicazione d’impresa attraverso 3 keyword, ognuna corrispondente a un anno ben preciso. 2020 attention, 2021 reaction e 2022 purpose. Allerta, sperimentazione e consolidamento. È il percorso di 10 grandi brand italiani mossi dall’esigenza di modificare i loro modelli comunicativi, per avvicinarsi sempre più alle persone e a un mercato in continuo cambiamento.

Interventi brevi e dinamici. 16 speech di realtà aziendali che ricoprono fasce di mercato molto diverse fra loro. Un’occasione per trasferire punti di vista di spessore e ricostruire una realtà comunicativa sfaccettata e in continua evoluzione.

Il mio intervento qui a ’20 | ’21 | ’22 – Presente e Futuro della Comunicazione d’Impresa e un breve abstract qui a seguire:

“Nel sonno una cosa ci rassicura, ed è il fatto di uscirne, e di uscirne immutati, dato che una proibizione bizzarra c’impedisce di riportare con noi il residuo esatto dei nostri sogni. “

Marguerite Yourcenar, Memorie di Adriano

Pensavamo fosse un sonno questa pandemia, meglio un incubo. E forse come dice la Yourcenar, in quell’ #andràtuttobene, che è stato uno slogan per tanti mesi del 2020, c’era un po’ questa, malcelata, speranza.

Di uscirne, immutati. Di poter tornare alle nostre vecchie vite.

Ma la vera sfida che ci offre la realtà è proprio questa. Quella di non trasformare le nostre vite in uno sogno, o meglio sonno anestetizzante. Dove domani ci siamo dimenticati quello che è successo. Chi eravamo e chi siamo diventati. Ma soprattutto cosa vogliamo per il nostro futuro.

Così occupandoci di comunicazione, abbiamo raccolto l’invito dei colleghi di Eco della Stampa di leggere un triennio 2020, 2021 e 2021.

Una sorta di IERI, OGGI, DOMANI, citando il film di De de Sica del 1964.

Abbiamo portato al tavolo 14 brand. O meglio 14 aziende. 14 ecosistemi di stakeholder che si sono trovati ad affrontare quello che Giuseppe Mazza che ha definito «l’evento di comunicazione (finora) più gigantesco della storia umana».

Ci hanno raccontato il loro punto di vista. Ma soprattutto ci hanno ricordato, con il loro interventi il significato della parola comunicazione che deriva dalla parola latina 𝑐𝑜𝑚𝑚𝑢𝑛𝑖𝑐𝑎𝑟𝑒, mettere in comune, composto di cum insieme e munis ufficio, incarico, dovere, funzione.

La comunicazione è un’espressione sociale prima ancora che identitaria, trova un senso nella relazione ma soprattutto nella sua chiarezza e correttezza. In quel compiere il dovere. Quello per cui è nata. Quello per cui è chiamata. Altrimenti esistono altre parole come propaganda, disinformazione, mistificazione, distorsione.

La comunicazione è un collettivo plurale, che trova la sua significazione nelle parole chiavi che ci hanno regalato i relatori dell’evento come #trasparenza, #concretezza, #coesione, #consapevolezza, #servizio, #opportunità, #trasformazione, #coraggio, #impatto, #cambiamento #autenticità.

Stefano Saladino ha introdotto parlando di #azione per il 2021 e forse non è un caso. Perché si collega al nostro impegno come iDOERS. L’impegno del fare. La comunicazione, se fatta bene, è fare. Quasi un controsenso. Quando uno dice: “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”, forse dovremmo spiegare che quella parola dire, non è comunicazione. Dico se lo sto facendo. Dovremmo tutti dire, se lo stiamo facendo.

'20 | '21 | '22 - Presente e Futuro della Comunicazione d'Impresa Micol D'Andrea Rinascita Digitale Eco della Stampa
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Formazione

Giornata Mondiale della Terra

Non da soli, ma con gli altri.

This is a blue planet, but it is a green world

(Karl J. Niklas)

Giornata Mondiale della Terra, 22 aprile 2021. Sostenibilità nel food.

Quest’anno è l’anno di Dante. Sono passati 700 anni dalla sua morte.

La Divina Commedia rimane la sua opera più famosa.

Cosa c’entra questo con l’innovazione e la sostenibilità? Ti chiedo qualche secondo.

Ho sempre pensato che delle mille cose che insegna quel capolavoro, ce ne sia una sottovalutata. Ma che ho portato con me nella vita adulta.

Se vuoi conoscere una cosa, l’unica possibilità è affrontarla a viso aperto.

Ma non farlo da solo. Cerca un Virgilio. Cerca una guida. Cerca una persona saggia, sapiente e capace di affiancarti nella scoperta. Insieme il viaggio farà meno paura.

Perché la conoscenza significa svelare anche scomode verità. Inferni roventi.

Perché la conoscenza significa viaggiare nelle paludi del possibile. Purgatori mediocri.

Perché la conoscenza significa scoprire il meglio dell’umanità, quel lato che la rende più simile a quello che non è. Non è un paradosso dell’identità?

Una data importante questa 51esima Giornata Mondiale della Terra in vista degli obiettivi sostenibili dell’Agenda 2030.

E così per una data importante come la 51esima Giornata della Terra abbiamo deciso di farci affiancare da chi la sostenibilità la conosce, o meglio la “agisce”, ogni giorno sul territorio e per il territorio. Chiedendo di raccontarci i loro “gironi”. Le battaglie che ogni giorno affrontano. Sapendo che esiste un rischio.

La situazione può cambiare al punto tale che non sarà più possibile tornare indietro. Come se Dante non riuscisse a “riveder le stelle” ma ripiombasse nelle Malebolge.

Lì dove la temperatura è insostenibile. Lì dove la pece ribolle. Vi ricorda qualcosa?

Questo viaggio nella sostenibilità l’abbiamo fatto con Rinascita Digitale scegliendo alcuni temi dell’agenda mondiale di questa Giornata Mondiale della Terra con The Map Report che ci ha affiancato per questo evento come la responsabilizzazione individuale verso un consumo sostenibile, lo sviluppo di una green economy e un sistema educativo ispirato alle tematiche ambientali.

Gli ospiti della nostra tavola rotonda sulla sostenibilità nel settore food.

E abbiamo scelto di partire da una prospettiva comune come quella del cibo che ci coinvolge ogni giorno. Perché come ha detto Elena Cadel, Ricercatrice, BCFN Foundation, il cibo è uno strumento di cittadinanza attiva. Quello che noi pensiamo come atto individuale è un atto sociale.

Non a caso Claudia Laricchia, Direttore relazioni istituzionali, Future Food Institute ha parlato de “L’innovazione è un atto collettivo”. E poi grazie al contributo di Eugenio Sapora, Country Manager Italia, Too Good to Go applicazione per evitare lo spreco alimentare, abbiamo sottolineato che “L’innovazione è fare”.

Giornata Mondiale della Terra The Map Report Rinascita Digitale Micol D'Andrea

E poi? Poi abbiamo concluso come abbiamo iniziato. Con le api. Una collettività che agisce nel proprio mondo ma a servizio anche del nostro mondo, come abbiamo appreso dai contributi di Giuseppe Manno, Fondatore di Apicoltura urbana società e di Massimiliano Montefusco, General Manager di RDS.

E noi? Noi che siamo una comunità del fare in quanto iDoers?

Possiamo fare, nel nostro piccolo. Dal nostro divano non solo oggi che è la Giornata Mondiale della Terra ma ogni giorno. Come ci indica la guida delle Nazioni Unite “The Lazy person’s guide to save the world”, un elenco di cose super facili che ogni persona, anche la più pigra, può adottare nella propria routine per fare la differenza e contribuire all’implementazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile presenti all’interno dell’Agenda 2030.

Perché se l’innovazione è fare, la prima cosa da fare è cambiare il nostro “mindset”. Non da soli, ma con gli altri.

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Formazione Modelli Organizzativi

L’innovazione è anche fare un passo indietro

L’intervento sull’innovazione fatto in occasione del primo compleanno di Rinascita Digitale.

Quando abbiamo iniziato a progettare la rubrica sull’innovazione, all’interno del palinsesto GoodMorningDoers, con Stefano Saladino ho pensato che la prima domanda da porsi fosse “Che cos’è l’innovazione”.

Si fa così no? Per capire un concetto parti dalla sua definizione. Quindi la domanda più logica sarebbe stata quella.

Allora mi è venuta in mente una risposta. Peccato che fosse ad un’altra domanda.

“Cos’è il Jazz?

“Amico, se lo devi chiedere, non lo saprai mai.”

Louis Armstrong 

Questa frase è pronunciata da Louis Armstrong (1901 –1971), “Satchmo”, uno dei maggiori trombettisti e figure di rilievo nel panorama della musica jazz, che fu capace di portare quel genere musicale dai locali malfamati di periferia fino al grande cinema di Hollywood. Uno che conosceva sia il jazz che l’animo umano.

Perché è veramente difficile definire qualcosa di così complesso e umano, come è il jazz. E forse la stessa cosa potremmo dire dell’innovazione.  

L’innovazione è una cosa antica.

Intorno a 75.000 anni fa, a partire dall’Africa alcune popolazioni umane iniziarono a manifestare comportamenti e capacità mai viste fino a quel momento, svincolate dalla mera sopravvivenza tra cui oggetti incisi come figure astratte, ornamenti per il corpo, sepolture rituali: innovazioni e variazioni tecnologiche: quello che Telmo Pievani definisce “l’alba dell’immaginazione, nel suo libro Imperfezione, una storia naturale.

Sebbene quindi l’innovazione sia un fenomeno antico per l’uomo, abbiamo iniziato a studiarla sistematicamente solamente 100 anni fa, grazie ai contributi di una economista viennese: Arthur Schumpeter.

Schumpeter è stato primo economista a studiare in modo ampio, sistematico ed approfondito il ruolo dell’innovazione nelle moderne economie industriali. Il suo pensiero evolve, cambiando notevolmente, nel corso di circa 30 anni dalla Teoria dello sviluppo economico (1912) a Capitalismo, socialismo e democrazia (1942) ma da lì in poi darà la strada ad importanti studi dell’innovazione, partendo dal suo contributo fondamentale “l’innovazione è un elemento competitivo per le aziende e le organizzazioni”.

Molti contributi si sono succeduti nel tempo, ma anche quelli più contemporanei a volte denotano un atteggiamento che potremmo definire scolastico.

Prodotti, servizi, applicazioni, metodi. Questa è l’innovazione classica. Tradizionale scolastica, appunto. Non nel senso della formazione ma come metafora della filosofia scolastica dominante nel Medioevo, che come dice Wikipedia, consisteva nell’illustrare e difendere le verità di fede con l’uso della ragione, verso la quale si nutriva un atteggiamento positivo. In sintesi, privilegio la sistematizzazione del sapere già esistente rispetto all’elaborazione di nuove conoscenze.

In realtà in questo percorso di contributi e studi sull’innovazione, il richiamo al jazz non è casuale.  Nel 1999 Karl Weick, scrisse un contributo che ha fatto scuola «Improvisation as a Mindset for Organizational Analysis[1]» in italiano “Jazz e improvvisazione organizzativa”, dove sosteneva che è possibile fare un parallelismo tra il jazz e l’innovazione, perché in entrambe i campi si può improvvisare.  C’è un passaggio importante in quel contributo. Il manager come un musicista jazz.

Scarica qui il PDF di Debora Ancona su Karl WeickImprovisation as a Mindset for Organizational Analysis

Nell’improvvisazione jazz le persone agiscono per pensare, il che le conferisce la caratteristica della creazione di senso (sense-making) a posteriori. A differenza di un architetto che lavora con i progetti e guarda al futuro, un musicista jazz non può guardare al futuro di ciò che sta per suonare, ma può volgersi indietro verso ciò che ha suonato; così ogni nuova frase musicale può essere formata sulla base di quella appena eseguita. Egli crea la sua forma retrospettivamente.[2]

E’ il passato che fa il presente, e di conseguenza il futuro. Che si ricollega al titolo che ho voluto dare a questo contributo: “L’innovazione è anche fare un passo indietro”.

L’innovazione non è un percorso lineare. Anzi, a volte innovare significa decidere di fermarsi e di fare un passo indietro. In questo percorso, siamo partiti con un passo indietro, il dubbio che l’innovazione potesse essere qualcosa di diverso. E che proprio in quel diverso, trovasse la sua vera funzione. Il suo vero significato. Volevamo leggere l’innovazione in modo più ampio. possiamo portare.

Sappiamo da sempre che l’innovazione è regala e toglie qualcosa. Pensiamo alla realtà di questi giorni. La tecnologia ci permette di essere qui, ora. Ma spesso quella stessa tecnologia ci sta togliendo delle cose. Ci espone a dei rischi. E qui dovremmo aprire una parentesi sulla consapevolezza.

Una definizione dell’innovazione

Allora siamo partiti tornati alla sua definizione. Perché, a parte la battuta di Louis Armstrong, le definizioni sono importanti.

L’origine tardo latina della parola, come ci ricorda il dizionario Nuovo De Mauro[3] deriva dal latino tardo innovatio –onis e ha due significati:


1. trasformare introducendo sistemi o metodi nuovi: innovare l’ordinamento scolastico; anche ass.: ansia, desiderio di innovare.
2. ridestare, ricreare un sentimento, una disposizione d’animo: estasi e pianto | e profumo, ira ed arte, a’ miei dì soli | memore innovo (Carducci)

Ricreare un sentimento. Cambiare una visione. Ridare un significato. E’ proprio qui, che abbiamo trovato il punto di partenza di quello che cercavamo. Avevamo bisogno, però, di un confronto. Venendo entrambi dal marketing, siamo sempre stati soggetti esposti in qualche modo all’innovazione. E la nostra stessa materia negli ultimi anni, insieme ad altre che sono terreno di lavoro nelle organizzazioni economiche e nelle imprese, come comunicazioni, branding e organizzazione aziendale – solo per citare qualche esempio – è stata travolta dall’innovazione e dal cambiamento.

L’innovazione è la ricerca di nuovi significati.

Ma avevamo bisogno di una cornice metodologica che sostanziasse la nostra necessità e la nostra intuizione. L’abbiamo trovato nei contributi del Prof. Roberto Verganti.

Da oltre vent’anni il Professor Verganti (Politecnico di Milano e School of Innovation di Stoccolma) segue, studia, analizza i processi dell’innovazione. Ha scritto numerosi libri, tiene conferenze internazionali sul tema, tra cui un bellissimo Ted Talk[4], insegna in contesti universitari materie come innovazione e leadership. Sintetizzare i suoi contributi non è immediato e non rende giustizia agli anni di ricerca teorica e sul campo. In estrema sintesi, Verganti parla dell’esistenza di due modelli di innovazione. Da una parte il modello classico e tradizionale, che ha finora dominato il mercato e la mentalità con cui viene sviluppata e gestita l’innovazione ovvero l’innovazione delle soluzioni.

Questo tipo di innovazione è quella che in assonanza all’Internet of things impropriamente “Innovation of things”: che siano beni materiali o immateriali poco importa, tale tipo di innovazione riguarda “nuove e migliori idee per risolvere un problema noto. Si tratta di individuare un nuovo come, un modo originale di introdurre dei cambiamenti che siano considerati rilevanti per un certo mercato.[5]” 

Dall’altra parte invece troviamo l’innovazione di significato, che riguarda la visione originale che ridefinisce il valore assegnato al problema. Porta l’innovazione a un livello più alto, non solo ad un nuovo come, ma a un nuovo perché: suggerisce nuove ragioni per cui la gente dovrebbe usare qualcosa, una nuova proposta di valore, un’interpretazione originale di ciò che è rilevante e significativo per il mercato, In sintesi una nuova direzione[6].

Questi due approcci non sono esclusivi e neppure sono sequenziali temporalmente, nel senso che nel panorama dell’innovazione convivono ed evolvono entrambi.

Il mindset dell’innovatore

Però è indubbio che l’innovazione di significato rifletta la complessità della contemporaneità, le sue spinte riflessive ed individuali, perché la ricerca di significati comporta un percorso in un certo senso semiotico, ovvero interpretativo. Un percorso che parte sempre e comunque da un singolo, il soggetto motore e portatore del nuovo significato[7],

Messo in sicurezza l’approccio metodologico, è stato proprio sul soggetto che abbiamo avviato la seconda riflessione del nostro percorso. Perché se è il singolo che guida l’innovazione, oggetto della nostra analisi non era la soluzione, quanto piuttosto la mentalità con cui il soggetto si approccia all’innovazione, in altre parole il mindset dell’innovatore.

Allora se l’intento è stato di andare a leggere il mindset dell’innovatore, abbiamo pensato di rifarci all’evoluzione dell’uomo.

Dove c’è l’imperfezione è la promessa di nuove storie”.

Ecco qui un altro problema. Mi sono ricordata che sempre nel testo di Telmo Pievani veniva citata Rita Levi Montalcini e la sua definizione di cervello. “Il cervello è un accrocco: il risultato di mettere insieme parti diverse, alla bella e buona, parti antiche con parti buone, che fanno cose anche in contraddizione che poi interagiscono e che fanno di necessità e virtù.  Una struttura estremamente imperfetta, ma dentro quell’imperfezione c’è il segreto della sua potenza e creatività. Se cercate un cervello perfetto andate dalle formiche (che si sono sviluppati più di 600 milioni di anni). Ma dalle formiche non è mai uscito un Shakespeare o un Leonardo da Vinci.”

E in effetti l’innovazione è un percorso imperfetto. E come diceva sempre Pievani, citando Charles Darwin questa volta “Dove c’è l’imperfezione è la promessa di nuove storie”.

Anche in questa interpretazione del nostro cervello, siamo però soliti pensare che il frutto dell’ingegno umano sia più libero e incondizionata rispetto agli organismi ancorati al loro DNA. E’ vero apparentemente. L’evoluzione tecnologica è rapidissima e spesso travolgente. Gli economisti e tecnologici Kevin Kelly e William Brian Arthur dicono che molti prodotti tecnologici si sono affermati indipendentemente dalla loro efficienza e sono il frutto di riutilizzi di componenti e strutture esistenti.

Anche la tecnologia, come l’evoluzione biologica, non è frutto di un disegno ottimale, ma di un processo che prevede arrangiamenti, imperfezioni e cooptazioni funzionali.  Un atteggiamento che citando una definizione dell’antropologo francese Claude LéviStrauss potremmo dire del bricoleur, ovvero assemblare con i mezzi scarsi e pezzi di risulta.

L’innovazione è imperfetta, il cervello è imperfetto. Insomma sempre peggio.

L’innovazione e le emozioni

E poi c’era un altro aspetto. Sia l’innovatore che colui che fruisce dell’innovazione sono soggetti alle emozioni.  Qui ci hanno aiutato i contributi di Antonio Damasio[8]. Grazie ai suoi studi sull’emozioni e gli aspetti cognitivi del nostro pensiero, abbiamo la consapevolezza che le emozioni sono parte integrante del nostro ragionamento e che provare a scinderle dalla ragione è anacronistico ed inutile. “Una consapevolezza” che ci ha spinto a porre a ogni nostro ospite la domanda sul suo punto di vista delle emozioni.

Infine In questo viaggio all’indietro, dove ci siamo fermati?

Ci siamo fermati a Giacomo Leopardi, che nel 1836 purtroppo quasi al termine dei suoi giorni, nella “Ginestra” punta il suo sarcasmo nelle Magnifiche sorti progressive cantate dal cugino Terenzio Mamiani.  Nella complessità dell’esistenza, sul baratro di un antropocentrismo che mette a rischio, nella sfida agli equilibri di natura, il nostro ecosistema, la forza e la saggezza della ginestra ,capace sempre di riconosce il proprio limite, sta nella volontà di non essere mai sola ma stretta in una social catena un po’ come questa esperienza di Rinascita Digitale.

L’innovazione è anche fare un passo indietro.


[1] Su questo tema, si veda anche il testo di Frank Barrett, “Disordine armonico: Leadership e jazz.

[2] Tratto da “Viaggio nelle teorie dell’innovazione“ di Giordano Ferrari.

[3] https://dizionario.internazionale.it/parola/innovare

[4] https://www.youtube.com/watch?v=WDn3yQKfpqY

[5] Roberto Verganti, Overcrowded Il manifesto di un nuovo modo di guardare all’innovazione” Hoepli, Milano 2018. 

[6] Roberto Verganti, Overcrowded Il manifesto di un nuovo modo di guardare all’innovazione” Hoepli, Milano 2018. 

[7] L’innovazione di significato è “inside-out” ovvero parte dall’interpretazione di un singolo, più che da un bisogno di molti come nel caso dell’innovazione di soluzioni, non a caso detta outside-in.

[8] L’errore di Cartesio di Antonio Damasio.