La metodologia delle BrandingCrazyWall® è metodo per costruire il proprio professional e personal branding. Ispirato alle “crazy wall” dei film di azione e investigativi – in particolare alla serie TV Homeland e alla sua protagonista Carry Mathison, il metodo utilizza la creatività per scoprire indizi nascosti della nostra personalità.
Proprio come nel metodo investigativo, le BrandingCrazyWall® fanno leva sia sulla componente destra che sinistra del cervello, per attivare una ricerca analitica e creativa nello stesso tempo. Il metodo delle BrandingCrazyWall® è organizzato in tre momenti e termina con la definizione di uno statement. Un breve riassunto che condensa la nostra figura professionale.
Per approfondire puoi vedere anche il video di presentazione delle #BrandingCrazyWall® su Rinascita Digitale.
Ma cosa significa costruire una BrandingCrazyWall?
Innanzitutto dobbiamo scegliere il supporto fisico (ad esempio cartoncino, lavagna di sughero, una parete) o virtuale (con programmi di grafica come Canva, Power Point o piattaforme come Pinterest). Poi dobbiamo raccogliere gli indizi: tutti quegli elementi che fanno parte dell’identità del soggetto e che lo determinano. Esperienze professionali, passioni e hobby, luoghi della memoria, capacità innate o sviluppate nel tempo (soft-skill). Tutto concorre all’interno della wall per rappresentare il soggetto e gli indizi da “far parlare”.
Dedicate del tempo, qualche giorno minimo, in cui iniziare a far sedimentale le idee, fatevi cullare dall’immaginazione e dalla creatività. Utilizzate pastelli e pennarelli per disegnare elementi all’interno della wall. Lasciate che l’immaginazione sia libera di viaggiare all’interno del nostro passato e raccogliere elementi significativi. Esperienze in cui sentiamo di aver dato il meglio di noi stessi, di aver messo le nostre capacità a servizio di un’idea e di un progetto. Cercate quali sono state le forze messe in gioco. Perchè lì risiedono gli indizi. Come direbbe Holmes, bisogna recuperare nella soffitta della nostra mente gli oggetti e le emozioni stivate e riportarle visibili.
Cercare gli indizi e correlarli come Sherlock Holmes
Terminata questa fase, passate dalla percezione passiva a quella attiva. Iniziate a cercare le correlazioni e i percorsi all’interno della nostra wall per definire il “ricercato”. Soprattutto valutate gli elementi che sono discordanti o poco significativi, decidendo di eliminarli per lasciare il posto ad altro. In questo dobbiamo superare un fenomeno chiamato “fissità funzionale” che ci impone di guardare gli oggetti e le cose per quello che sono. Infatti, tra l’osservazione e la deduzione (l’individuazione del ricercato, ovvero l’identità, ovvero l’oggetto dell’operazione di branding) si colloca la fase cruciale ed insostituibile dell’immaginazione. Come dice Maria Konnikova, nel suo libro Mastermind, pensare come Sherlock Holmes”:
“Come regola generale, a noi non piace l’incertezza, Ci fa sentire a disagio. Un mondo di sicurezze è più confortevole. Al contrario la creatività, richiede novità. L’immaginazione riguarda nuove possibilità, eventualità ancora inesistenti e controfattuali, la ricombinazione di nuovi elementi. Riguarda il non sperimentato, ma il non sperimentato è incerto e ci fa paura. I grandi pensatori hanno superato questo ostacolo, questa paura. A caratterizzarli non è l’assenza di fallimenti, ma l’assenza della paura del fallimento, un’apertura che è il segno distintivo di una mente creativa.”
Silvio Ciappi, nel suo libro La Mente Nomade, ci ricorda che siamo ciò che vediamo, secondo il contributo di Michael Foucault ne “Le parole e le cose” ovvero siamo sovrani del nostro modo unico di guardare alla realtà.
Facciamo un esempio.
Se l’aspirazione della mia vita è la professione del “project manager”, ma gli elementi mi parlano di lavoro in solitudine, di alto tasso di astrazione e forte creatività e concentrazione su sé, stiamo cercando il ricercato sbagliato. Si intuisce che esiste una profonda dissonanza tra il ricercato (project manager) e gli indizi che sono caratteristici di figure professionali che operano in ambiti creativi. In questo caso, la BrandingCrazyWall® ci aiuta a capire che stiamo percorrendo strade destinate a non incrociarsi e che sarebbe meglio invece valorizzare quando già in nostro possesso per definire un percorso coerente.
Se non conosciamo la nostra aspirazione, collegare gli indizi e creare una narrazione permette di individuare un percorso coerente. Un percorso che possa mettere a massimo comune “moltiplicatore” (e non divisore, come vorrebbe la matematica) le potenzialità. Questa fase è sicuramente la più complessa e delicata e spesso può necessitare di un aiuto esterno, in grado di fornire quella visione terza e super partes.
A livello di tempistica, se la prima e seconda parte sono state svolte correttamente, la terza ed ultima è più veloce.
Definire il ricercato. La definizione dello statement.
Occorre dare un “nome“ al nostro ricercato e trasferire il tutto sotto forma di una breve descrizione, un abstract di 10/15 righe in cui si condensano tutti gli elementi acquisiti. Perché?
La scrittura è una forma di narrazione fondamentale per la consapevolezza di quello che siamo. Prima ancora di andare a definire tutto il resto, la consapevolezza è la vera chiave della costruzione di un’identità e di un brand. La lucida presa di coscienza di ciò che siamo e che possiamo essere.
L’output finale delle BrandinCrazyWall® è quindi un racconto breve, che mi piace definire statement prendendo in prestito una pratica tipica del mondo dell’arte, ovvero condensare in poche righe l’essenza della ricerca di un artista.
L’esperienza mi porta in dote centinaia di statement letti prima e dopo questo percorso di scoperta. La grande soddisfazione sta proprio del vedere le persone che si riconoscono con una nuova formulazione di sé, che gli permette di riconoscere quello che sono, ma soprattutto dove vogliono arrivare.
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